di Claude Didiuerjean Joveau da Allaiter Aujourd’hui, (La Leche League Francia), n. 22, Gennaio-Marzo 1995
Il lavoro delle donne non è un fenomeno nuovo. In ogni epoca, le donne hanno svolto vari compiti in aggiunta al loro lavoro domestico (sia occuparsi della casa sia dei bambini). Ma questi compiti si svolgevano generalmente a domicilio o non lontano da casa (lavoro dei campi). In questi casi il bambino poteva rimanere con la madre e il suo lavoro non era un ostacolo all’allattamento. (Per comodità, abbiamo utilizzato la parola “lavoro” nel senso di lavoro all’esterno della casa. Lungi da noi l’idea che le donne a casa non lavorino!)
Il problema è cominciato a nascere quando, in massa, le donne sono diventate lavoratrici stipendiate e il loro lavoro implicava un’assenza prolungata da casa (orario di lavoro e tempi di trasporto spesso molto lunghi). Ed è innegabile che il lavoro delle donne all’esterno sia stato uno dei fattori scatenanti per l’abbandono della pratica dell’allattamento materno nel corso del XX secolo.
A che punto siamo oggi?
Paradossalmente, tutti gli studi statistici recenti fatti nei paesi industrializzati mettono in evidenza che l’allattamento al seno è più frequente nelle donne che hanno fatto studi superiori o che esercitano una professione.
Purtroppo, la maggior parte di queste donne svezzano i loro bambini al momento della ripresa del lavoro. E' una necessità indispensabile? Assolutamente no. L’esperienza ci dimostra che è possibile continuare ad allattare pur lavorando, con grande beneficio della madre e del bambino.
Riconosciamo che si tratta di un’idea che va a scontrarsi con la mentalità dominante: oggi, qualsiasi donna che vada dal medico con il suo bambino di un mese e gli annunci che deve riprendere il lavoro uno o due mesi dopo, si vede immediatamente proporre un “piano di svezzamento” in modo che il bambino sia completamente alimentato al biberon al momento della ripresa del lavoro. Si capisce che in queste condizioni molte donne, anche se sono convinte dei benefici dell’allattamento, rinunciano totalmente ad esso. A cosa serve impegnarsi in questa avventura se è per interromperla poco tempo dopo, aggiungendo alla difficoltà della separazione madre-figlio quella di uno svezzamento precoce? Tanto più che tutte le piccole difficoltà che possono venir fuori nel corso di un allattamento si concentrano nei primi 2-3 mesi. Non c’è da stupirsi se, dopo tutto questo, per molte donne l’allattamento al seno è stato soltanto un susseguirsi di problemi se non peggio.
L’unico modo per uscire da questa situazione è proprio interrompere questa equazione fatale: ripresa del lavoro=svezzamento definitivo del bambino dal seno.
Bisogna che si sappia, a cominciare dai medici, che continuare ad allattare al seno lavorando non è un’impresa sovrumana riservata alle super-donne, né alle stranezze di qualcuna. Il giorno in cui questo farà parte della cultura attuale, si potrà sperare che l’allattamento materno sbocci e vada oltre i 2-3 mesi scontati per la maggior parte dei bambini.
Perché farlo?
Tutte le ragioni che hanno fatto preferire l’allattamento materno alla nascita, sono sempre valide quando il bambino ha 3 o 6 mesi. Il latte materno rimane l’alimento più adatto al bambino: miglior digeribilità, miglior protezione contro i rischi allergici e contro le infezioni recidive della laringe e dell’orecchio. Spiegava il dott. Reinert, capo del servizio pediatrico del CHIC di Greitel, che nei paesi Scandinavi i pediatri dosano gli IgE4 nel sangue del cordone ombelicale alla nascita. Nel caso in cui i valori siano alti si prendono misure preventive prolungate tra le quali l’allattamento materno esclusivo fino all’età di 6 mesi
Per il bambino che dovrà essere affidato a qualcuno durante l’orario del lavoro della madre (sia al nido sia presso una baby sitter) e si troverà quindi in contatto con molti germi nuovi, gli anticorpi trasmessi dal latte materno possono creare una grande differenza.
I benefìci psicologici sono anch’essi molto importanti; ed è su questi soprattutto che insistono le donne che hanno vissuto quest’esperienza. La separazione viene addolcita sia per il bambino sia per la madre, con una minima gelosia tra la madre e la baby-sitter, con la gioia nel ritrovarsi e ciucciare, con la sicurezza data da questo legame preservato, tutte le donne esprimono all’incirca le stesse parole per descrivere i loro sentimenti.
Così, Beatrice, di Parigi, dice: “Quando tornavo dal lavoro, era festa, ci accoccolavamo tutti e due nel letto, Geraldine succhiava e recuperavamo il tempo della separazione in un meraviglioso momento di tenerezza.” E Patrizia racconta: “Mi è stato meno difficile lasciare Agata al nido la mattina, sapendo che c’era qualcosa di me nel suo corpo”
Come farlo?
Il vero segreto della riuscita è semplicemente ... sapere che è possibile! Che non si tratta di una performance riservata a poche donne “strane” e masochiste, ma di una possibilità reale per tutte le donne che lo desiderano. E' naturalmente importante essere sostenuta da chi sta intorno, in primo luogo il padre del bambino, poi dal proprio medico, e di conoscere altre donne che hanno vissuto o che stanno vivendo la stessa esperienza.
Due piccoli “segreti” permettono anche di avere tutte le probabilità dalla propria parte. Sono molto semplici ma possono sembrare insoliti perché si scontrano con molte idee ricevute.
Il primo è continuare ad allattare completamente fino alla ripresa del lavoro senza preoccuparsi se il bambino rifiuta il biberon o il cucchiaio: lo accetterà dalla mano della persona che si prenderà cura di lui, perchè ne capirà allora la necessità e l’utilità. Ci eviteremo così non poche angosce e conflitti che possono portarci ad un vero e proprio tour de force; e avremo più garanzie che l’allattamento, ben avviato, non si esaurisca.
Il secondo è, dopo la ripresa del lavoro, continuare ad allattare a richiesta appena si ha il bambino con sè (mattino, sera, notte, ferie, vacanze). Il bambino non ha bisogno di avere lo stesso ritmo che ha al nido o con la baby sitter, quando è a casa con voi. Di fatto questo lo aiuterà a distinguere bene tra “Quando sono con la mamma e posso ciucciare” e “Quando la mamma non c’è e non posso ciucciare”.
In più, questo permetterà di mantenere un certo numero di poppate e quindi una buona quantità di latte.
Le paure più frequenti.
La prima riguarda la “perdità di latte”. E' evidente che se il bambino ciuccia meno, la madre avrà meno latte. Da lì l’interesse a mantenere il più gran numero di poppate possibili quando si è con il bambino. Da lì anche l’interesse - quando è la madre a sceglierlo - a tirarsi il latte. Ma in ogni caso, il latte non si perderà di colpo: finché il bambino succhia, ci sarà latte anche se in quantità inferiore.
La seconda paura è la stanchezza. Spesso chi sta intorno alla madre farà pressione imputando sistematicamente la stanchezza all’allattamento. E' vero che stanca avere un lavoro fuori casa e un bambino piccolo. Ma continuare ad allattare non aumenterà questa stanchezza, al contrario. Come diceva una madre: “Non è certo sempre facile, ma l’allattamento ci porta ad avere uno sguardo diverso sui compiti che si hanno, o che si crede di avere, e a riconoscere le priorità. E' vero, bisogna organizzarsi per risparmiarsi al massimo negli altri compiti, ma è una tale gioia allattare un bambino che questo cancella tutto il resto e mette le ali!”
E poi ci evita di preparare qualcosa apposta per il bambino appena si rientra a casa!
Ultima paura: gli ingorghi e le perdite di latte sui vestiti. Questo può effettivamte accadere i primi giorni, e la madre dovrà fare attenzione ad alleviare la tensione eventuale dei seni tirandosi un po’ di latte. Ma molto presto, e in modo quasi miracoloso per chi non l’ha vissuto, i seni si adatteranno a questo nuovo ritmo. Un ultimo trucco per evitare le “perdite”: generalmente basta premere forte sui seni (per esesmpio incrociando le braccia) appena si comincia a sentire il formicolio, per impedire al latte di colare.
In conclusione
E' evidente che più le circostanze sono favorevoli, più sarà facile conciliare lavoro e allattamento: per esempio, se la madre può rientrare quando il bambino è più grande, o se lo può portare sul luogo di lavoro. Ed è chiaro che anche le disposizioni legislative come maternità prolungata, sviluppo del part-time, degli orari flessibili, dei nidi sul luogo di lavoro, migliorerebbero enormemente la situazione.
Ma il messaggio da far passare è che anche in circostanze meno favorevoli, è possibile continuare l’allattamento. Ci sono donne che l’hanno fatto, come per esempio Patrizia che ha ripreso il suo lavoro di ostetrica (con gli orari che questo implica) quando il suo bambino aveva 3 mesi. Allora sempre più donne potranno dire come questa madre di Le Havre: “Non è stancante. Al contrario mi aiuta a sopportare queste separazioni perché so che lui ed io abbiamo questo nostro piccolo giardino, questa relazione privilegiata che neanche l’assenza può offuscare.”
Traduzione di Silvia Colombini Boffa